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viewtopic.php?f=52&t=2216&start=40Sistema: Mora
Stazione: Lazutkin PortErano passati ormai parecchi giorni da quando l'ammiraglio @
Sawyer mi aveva impartito l'ordine di trasferimento nel sistema Mora. Anche grazie ai sopravvenuti privilegi di essere stato nominato membro attivo della sezione DVSEO, avevo deciso di modificare in parte i sistemi di sicurezza della stazione, chiedendo a tecnici fidati di rendere più performanti i sensori interni della Coriolis e di segnalarmi qualsiasi dato anomalo di lettura, anche nei confronti delle navi che richiedevano l'accesso alla letter box. Tutto sommato - mi stavo ricredendo - al momento i fantasmi che giravano nella mia testa non corrispondevano al vero: la missione di cui ero incaricato era pura routine. Nessun pericolo, niente di particolare da segnalare.
Le giornate scorrevano serene, mentre il mio ufficio momentaneo prendeva forma, così come le turnazioni delle guardie di sicurezza messe a sovraintendere i settori più critici della Coriolis di Mora.
Leggevo i rapporti giornalieri, quando una comunicazione, solo audio, sul mio canale riservato, destò la mia attenzione.
"Signore - la voce preveniva dalla torre di controllo delle operazioni di volo - dalla navetta di ricognizione Viper DVC-S2 segnalano di aver perso il contatto pre-scansione di un ASP Explorer che non risulta nei piani di volo: era diretto a forte velocità verso la letter box". La mia esperienza stava per derubricare la questione come un caso - non raro - di un trafficante di merci che cercava di eludere i controlli per vendere al mercato nero, ma qualcosa - un'eco nella mia testa - mi diceva di verificare:
"Ricevuto, torre". Attivai subito dopo il comunicatore: "Squadra 1, defcon 2 su tutti i dock di attracco, find and rescue: l'obiettivo è un ASP Explorer non identificato. Trovatelo e bloccate il pilota, vivo".
"Ricevuto, sergente, stand by".
Passarono pochi minuti, durante i quali non riuscivo comunque a rilassarmi. Un'altra comunicazione giunse: "
Signore, qui controllo 2, abbiamo perso i contatti con la squadra 1. L'ultima posizione nota era il ponte d'attracco 23, civili segnalano tre corpi a terra, esanimi e un gruppo non identificato di 4 uomini correre velocemente verso la sua posizione". La situazione cominciava a farsi decisamente più preoccupante, anche perché allo stesso tempo il beacon attivato in linea diretta con la nave di @
Leander Arivoth aveva segnalato una situazione di pericolo prima che perdessi il segnale.
"Squadra 2, rapporto". Il comunicatore non dava segni di risposta.
"Squadra 3, rapporto", dissi con la voce tesa, mentre balzavo in piedi dalla poltrona per recuperare il mio ferro e inserirlo nella fondina. Silenzio anche dalla squadra 3.
"A tutte le squadre di sicurezza - dissi infine - situazione di allarme rosso. Intrusi a bordo, attivare il protocollo di difesa". Nello stesso momento allertai il comando centrale, l'ammiraglio @
Sawyer e l'ammiraglio @
Asamith.
"Qui squadra 5, sono rimasto l'unico in piedi - la voce del soldato era spezzata dalla paura - stanno venendo da lei, sono in quattro, signore, aaaargh, sono inarrestabili, anche i civili sono a risch….". La comunicazione venne interrotta. I sensori interni segnalavano pochi colpi di arma da fuoco, evidentemente precisi e mortali: ponte 23, ponte 15, ponte 7. Sì, stavano venendo da me. Dovevo evitare una strage di civili e dei miei uomini. Impugnai l'arma, uscendo subito dopo dalla porta dell'ufficio:
"Tu, tu e tu, con me", ordinai secco alla mia squadra di sicurezza personale, che subito dopo l'allarme rosso si era messa a difesa della mia porta, come da disposizioni. "Portiamoli lontano dalle zone abitate", dissi mentre iniziavo a correre, rapidamente, verso il primo turbo ascensore attivo e selezionando, come destinazione, uno dei ponti di servizio meno accessibili e con meno personale civile: il reparto manutenzione e stoccaggio.
Stavamo scendendo al livello prescelto e mentre impartivo gli ordini ai miei tre uomini, semplici in realtà "sparare a vista", mi chiedevo come questo commando facesse a monitorare la mia posizione: "O hanno accesso al circuito interno di sorveglianza… O - trasalii nel pensarlo - monitorano il mio codice di sicurezza e con lui anche l'intero apparato di sorveglianza, compresi i protocolli di difesa in caso di intrusione". Scossi la testa mentre uscivo dal turbo ascensore, con lo sguardo visibilmente preoccupato:
"In che casino mi sono infilato", riflettei tra me e me, mentre il bagliore di un fucile da combattimento stendeva, dietro di me, di un colpo, una delle mie guardie.
"Dannazione, riparatevi dietro alle paratie", dissi mentre facevo lo stesso cercando di monitorare la situazione, "fuoco di copertura". In un attimo era il caos: i traccianti di fucile illuminarono l'ambiente mentre le paratie venivano ridotte a brandelli dai colpi dei nostri avversari.
"Accerchiamoli", dissi ai miei ultimi due uomini rimasti, "tu di là, tu a sinistra, io resto al centro".
La manovra a tenaglia ebbe un minimo di successo: mentre coprivo lo spostamento dei due miei soldati, gli stessi riuscirono a colpire con una raffica di colpi alla testa due dei quattro soldati avversarsi. Caddero con la testa semispappolata sul pavimento e il sangue che usciva copioso, fresco e ancora caldo.
L'illusione di una situazione di vantaggio durò poco: nelle fasi concitate i due avversari rimasti riuscirono a colpire uno dei miei a morte e a ferire gravemente il mio secondo compagno, bloccato a terra.
Ero solo e in svantaggio. Imbracciai il fucile e feci fuoco: tre raffiche colpirono entrambi i due avversari, ma gli rimbalzarono addosso:
"Se credevi di averla vinta solo per come hai bucato gli altri due, sei un pivello", urlarono sghignazzando". "Dannazione" dissi mentre facevo di nuovo fuoco. Niente da fare: nessun effetto. Si avvicinavano in campo aperto e non mi rimaneva che fuggire.
Facevo capolino da un riparo all'altro, quando di un colpo sentii un dolore lancinante alla coscia destra, posteriormente. Mi toccai con la mano e sentii il viscido sangue uscire copioso. Mi girai su me stesso, trascinandomi all'indietro e continuando a sparare fino a finire i colpi. Nessun effetto, di nuovo: ero solo, ferito e disarmato. Ma non venni colpito di nuovo:
"Ora ti faremo soffrire come memento di quanto debole sia la vostra Corporazione, brutto pezzo di merda". Si avvicinarono e cominciarono a malmenarmi. Mi difendevo come potevo, riuscendo ad alzarmi in piedi con le forze residue e fendendo pugni, con poco risultato, ahimè. I loro colpi invece erano violenti e precisi: potenziati, pensai subito mentre la vista mi si annebbiava e mentre venivo sbattuto addosso a una paratia con dei tubi dell'alta pressione. Un barlume di lucidità mi permise di arrivare con la mano a una delle valvole di sicurezza, facendo finire addosso a uno dei due bastardi una carica di gas ad alta temperatura: non c'era tuta potenziata che poteva resistere. L'uomo cadde, morto: la faccia era un rantolo di dolore con le carni spappolate dalle sostanze del gas e dalla temperatura.
Ne rimaneva uno solo. Nella concitazione del momento ero riuscito nuovamente a sfuggire alla sua presa.
Stavo di nuovo scappando, urlavo dal dolore mentre il sangue non smetteva di uscire dalla coscia e le mie costole rotte urlavano dolore e vendetta a ogni passo. Ma ero quasi impotente. Solo un miracolo mi avrebbe permesso di salvarmi.